Istituzioni e dinamiche del Diritto

I confini mobili della separazione dei poteri

Con il contributo di: Banca Popolare dell’Emilia Romagna - Banco Popolare di Verona e Novara - Unicredit Banca - CCIAA Modena - Confindustria Modena

Dalla Giurisdizione come applicazione della legge
alla Giurisdizione come creazione del diritto


Dalla Giurisdizione come applicazione della legge<br/>alla Giurisdizione come creazione del diritto
Aula Magna dell'Accademia Militare di Modena

MODENA, 18 GENNAIO 2007Aula Magna dell'Accademia Militare di Modena

Il terzo incontro ha approfondito i profili della separazione dei poteri relativi al potere giurisdizionale. Se, infatti, nella cultura giuridica dell’Europa occidentale il giudice è considerato un mero esecutore della legge, oggi si assiste all’emergere di un nuovo indirizzo, in forza del quale ad esso si assegna anche – sull’esempio dei modelli anglosassoni di common law – una funzione creatrice di diritto. Il che accade soprattutto riconoscendo sempre più spazio all’interpretazione giudiziale nella ricerca della migliore soluzione del singolo caso concreto. Sviluppo, questo, riscontrabile in termini assai accentuati nella stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale, in seno alla quale, facendo leva sull’asserita duttilità dei parametri costituzionali di riferimento, si sono progressivamente enucleati una serie di strumenti – quali, ad esempio, le sentenze interpretative o il giudizio di ragionevolezza – nel loro complesso funzionali a consentire al Giudice di costituzionalità di varcare i confini della legittimità entrando nella sfera del merito. Tutto ciò non senza che si sia posto – pure in conseguenza della crescita delle giurisdizioni internazionali (basti pensare al ruolo della Corte di Giustizia) – un interrogativo sulla compatibilità degli sviluppi in atto col sistema democratico così come concepito nel classico schema parlamentare rappresentativo applicato dalla Costituzione italiana.

Dopo i saluti del gen. F. Tarricone, comandante dell’Accademia Militare di Modena, del prorettore prof. R. Cecchi, e del Prefetto G. Ferorelli, la relazione introduttiva del prof. M. Volpi (Univ. Perugia – componente del C.S.M.) ha riguardato il ruolo del giudice. Dopo aver messo in rilievo le differenze funzionali e strutturali tra sistemi di common law e sistemi di civil law, ci si è concentrati sulla posizione del potere giudiziario nell’ordinamento italiano, ponendo l’accento sui fattori – quali l’introduzione di una costituzione rigida, la crisi della legge e l’esigenza di bilanciamento tra i diritti – che ne accentuano l’attività propriamente creativa. Oggetto di specifica attenzione è stata poi la legge 150 del 2005, della quale si sono segnalati i passaggi più discussi sotto il profilo della legittimità costituzionale, adottando, nel contempo, una prospettiva de iure condendo per sottolineare, da un lato, l’importanza dell’indipendenza della magistratura nel suo rapporto dialettico con la politica e, dall’altro lato, l’esigenza di un efficiente sistema di valutazione e di responsabilità dei giudici.

A seguire, il prof. A. Vignudelli (Univ. Modena e Reggio Emilia) ha inquadrato le linee generali dell’ultimo seminario. Premesso che, all’interno di un ordinamento dato, la jurisdictio, per definizione, dovrebbe logicamente seguire la legislatio, si sono esposti i termini del dibattito attualmente in corso sui caratteri e, soprattutto, sulla legittimità della c.d. creazione giurisprudenziale del diritto, introducendo l’ulteriore riflessione (di natura epistemologica e, insieme, politica) sul concetto d’interpretazione giudiziale. Evidentemente, il problema di fondo attiene ancora una volta alla separazione dei poteri, e più precisamente all’identificazione del confine tra gubernaculum (inteso quale complesso del potere politico) e jurisdictio, sia che si tratti di salvaguardare la seconda dai tentativi di condizionamento posti in essere dal primo, sia che si rivolga l’attenzione all’espansione della giurisprudenza nel territorio assegnato alle istituzioni democratico-rappresentative.

L’intervento del prof. S. Bartole (Univ. Trieste) su la giustizia costituzionale dalla Costituzione scritta alla Costituzione vivente si è articolato in tre momenti. Nel primo si sono esaminate le sentenze normative della Corte Costituzionale, viste come elemento che altera gli equilibri fra poteri e si riverbera sulla stessa funzione giurisdizionale; nel secondo si sono evidenziate le coincidenze e le differenze di tale prassi rispetto al tema della Costituzione vivente; nel terzo si è ripercorso il processo di formazione e di trasformazione della Costituzione vivente, della quale si nega la natura di fonte autonoma contrapposta alla Costituzione formale. Posto ciò, assunta l’irriducibilità della funzione giurisdizionale ad attività meramente interpretativa, si osserva che nel rapportare la relativa decisione esclusivamente al fatto ed alle esigenze del caso o, viceversa, nel ricondurla nell’ambito del quadro (e del controllo) normativo, sta la differenza tra governo degli uomini e governo delle leggi.

Il prof. G. U. Rescigno (Univ. Roma “La Sapienza”) è intervenuto sulla tematica dell’indipendenza della magistratura alla luce della Costituzione e delle controversie attuali ponendo l’accento sull’essenzialità, per il corretto funzionamento dello Stato democratico, della separazione dei poteri e dell’indipendenza della magistratura. Tanto precisato, sono stati analizzati i principi fondamentali concernenti l’ordine e l’attività giudiziaria, da ritenere creativa di diritto solo relativamente al singolo caso poiché il nostro ordinamento, connotato dalla preferenza per il legislatore, non contempla per i giudici la possibilità di emanare norme generali. Si sono infine enunciate alcune linee guida in prospettiva de jure condendo, con specifica attenzione alla durata dei processi.

Il prof. R. Guastini (Univ. Genova) ha svolto la problematica dell’interpretazione giudiziale, chiedendosi, in via preliminare, se essa possa dirsi produttiva di diritto. Sono stati presi in considerazione sia gli approcci teorici tradizionali, sia le diverse tipologie d’interpretazione, delineando un quadro di crescente incidenza dell’apporto “creativo” del giudice, che va dall’interpretazione cognitiva al bilanciamento, passando per l’interpretazione decisionale e per l’utilizzo di norme inespresse. Ne è emerso che, in ogni caso, l’attività del giudice non può mai essere “creativa” in un senso analogo a quella del legislatore poiché altro è formulare un testo, altro è attribuirgli significato.

Il prof. N. Zanon (Univ. Milano “Statale”) s’è occupato dei complessi rapporti intercorrenti tra corti europee e giurisdizioni interne. In particolare, è stata sottoposta a critica la tendenza a conferire diretta applicabilità alla CEDU ponendo in capo ai giudici comuni il compito di disapplicare le norme interne con essa incompatibili. Tale orientamento, che attribuisce a norme convenzionali i medesimi effetti dei regolamenti, non solo si basa su un fraintendimento tra il profilo della precettività e quello della diretta applicabilità, ma sembrerebbe rappresentare un vulnus sia dell’art. 101, comma 2, Cost. sia, in quanto probabile causa di disomogeneità giurisprudenziale, degli stessi principi fondamentali della CEDU.

La seduta pomeridiana è stata presieduta dal prof. A. Barbera (Univ. Bologna), il quale ha aperto i lavori con una ricognizione storico-comparatistica su ruolo, natura ed evoluzione della funzione giudiziaria.

Nella relazione introduttiva, il prof. R. Romboli (Univ. Pisa) si è interrogato sulla natura della Corte Costituzionale alla luce della sua giurisprudenza più recente a partire dall’idea che essa si collochi sul crinale tra legislazione e giurisdizione. In una simile prospettiva, accanto al giudizio di ragionevolezza, che consente alla Corte di sovrapporsi al bilanciamento già operato dal legislatore, sono stati analizzati gli ultimi orientamenti giurisprudenziali in ordine alle immunità parlamentari ed alla “cattiva” tecnica legislativa e, soprattutto, la propensione del giudice di costituzionalità ad evitare pronunce “demolitorie” sollecitando l’interpretazione conforme dei giudici comuni, con un’implicita rinuncia al monopolio dell’interpretazione legislativa.

Il prof. V. Caputi Jambrenghi (Univ. Bari) ha analizzato il tema dell’attività “creativa” di diritto nello specifico ambito dell’ordinamento amministrativo. Definita la nozione di ordinamento amministrativo e precisate modalità e ragioni dell’istituzione del sistema di giustizia amministrativa, si è proceduto all’esame della funzione giustiziale della pubblica amministrazione, facendone affiorare la specifica attitudine al giudizio di merito attraverso il quale si pone in essere un’attività creativa di norme (non giuridiche) ma di opportunità, contemperanti la discrezionalità del potere pubblico con l’utilità dei singoli cittadini. In questo quadro si innestano le Autorità Indipendenti, che danno vita alla produzione di nuova normativa interna sull’opportunità amministrativa, fenomeno da ricondursi alla creazione giuridica.

Il contributo del prof. A. Di Pietro (Univ. A.M. Bologna) si è focalizzato sulla giurisdizione tributaria, ponendo innanzitutto in evidenza come alla fondamentale importanza della finanza pubblica non abbia corrisposto un altrettanto pieno e consolidato riconoscimento del ruolo del giudice tributario. Ciononostante, è possibile affermare che, di fatto, i giudici tributari hanno svolto e svolgono compiti propriamente normativi, pur nella vigenza della riserva di legge ex art. 23 Cost., la quale, in conformità della giurisprudenza costituzionale, viene riferita soltanto al tipo d’imposizione e alla misura del prelievo. Occorre anzi rilevare come la giurisdizione tributaria, specie nell’ultimo periodo, abbia contribuito in modo determinante a conferire assetto ordinamentale alla disciplina tributaria.

L’intervento del prof. G. De Vergottini (Univ. A.M. Bologna) si è incentrato sul rapporto tra ordinamento statale e giurisdizione militare, la quale, nonostante l’avversione per i giudici speciali emersa in seno all’Assemblea costituente, ha trovato accoglienza nella Costituzione repubblicana. Tuttavia, i principi costituzionali in tema di giurisdizione sono stati introdotti nel sistema in questione solo con la legge 180 del 1981 e con la successiva istituzione del Consiglio della Magistratura Militare, entrambe espressioni dell’omologazione della magistratura militare a quella ordinaria. L’incremento di magistrati togati, la collocazione di vertice attribuita alla Corte di Cassazione e l’applicazione del codice di procedura penale sono i più evidenti corollari di tale tendenza equiparatrice, che si muove sullo sfondo del risalente problema dell’unicità della giurisdizione.