Il pensiero e l’opera di
Vittorio Emanuele Orlando

Aldo Sandulli


Aldo Sandulli
Aldo Sandulli, Università degli Studi Suor Orsola Benincasa Napoli

VITTORIO EMANUELE ORLANDO E I CONFINI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO

1. Tre paradossi

Il contributo scientifico di Vittorio Emanuele Orlando al diritto amministrativo poggia su tre paradossi.

Il primo è che lo studioso palermitano è considerato a giusta causa il fondatore della scienza del diritto amministrativo in Italia, ma i suoi scritti strettamente riconducibili al diritto amministrativo sono pochi sul piano numerico: egli diede il meglio di sé quale studioso del “diritto pubblico generale” e, pertanto, nelle costruzioni teoriche al crocevia tra il diritto costituzionale e il diritto amministrativo. Ma è anche vero che fu Orlando a far divenire il diritto amministrativo scienza autonoma, per il tramite della costruzione di un sistema di diritto obiettivo.

Il secondo è che Orlando è ricordato per l’elaborazione del metodo giuridico, in particolare in riferimento al diritto amministrativo, ma egli non fu un rigoroso applicatore del metodo nei suoi scritti. O, meglio, il suo metodo, rigorosamente applicato, non era così formalisticamente angusto come fu inteso per buona parte del Novecento.

Il terzo è che egli è tra i giuristi che hanno avuto l’arco di attività più esteso (oltre settant’anni, tra il 1881 e il 1952), ma i suoi periodi di significativa produzione scientifica sono stati principalmente due e temporalmente ridotti: il primo, molto intenso, va dalla laurea al 1897, anno in cui fu eletto in Parlamento e diminuì l’impegno scientifico; il secondo, meno denso, va dal 1925 al 1952, e prende le mosse dall’esilio politico seguito alle leggi “fascistissime” e alle elezioni del 1925.

Ciò premesso, il contributo scientifico di Orlando amministrativista sarà analizzato in riferimento, da un lato, alla nozione di diritto amministrativo e al rapporto con gli altri rami del diritto e con le altre scienze; dall’altro, all’articolazione interna della materia.

2. La nozione e i confini del diritto amministrativo

2.1. Il contributo fondamentale dell’Orlando amministrativista è quello mirante a “situare” il diritto amministrativo nell’Italia liberale.

Opera di riferimento, sul piano metodologico, sono i Principii del 1891, nei quali egli, dopo aver denunciato lo stato di confusione in cui versa la scienza, sostiene che si debba intendere per diritto amministrativo «il sistema di quei principii giuridici che regolano l’attività dello Stato pel raggiungimento dei suoi fini» (corsivo dell’autore).

Da questa frase breve, ma di grande rilievo contenutistico, si ricava l’intero corpo delle tesi orlandiane: lo sforzo del giurista non può né disperdersi nell’inseguire nozioni, metodi e modelli propri di altre scienze (di qui il rifiuto dell’eclettismo); né configurarsi quale mera attività interpretativa della legge (di qui il rifiuto dell’esegetica).

Compito del giurista, astenendosi dal trattare ex professo di nozioni di altre scienze sociali, deve essere il tentativo di ricostruire e di ordinare, per il tramite della individuazione dei principi del diritto (ma anche dei principi istituzionali, carattere proprio del diritto pubblico rispetto al privato) e, quindi, dei concetti chiave che governano l’ordinamento, da ricavare dalla tradizione dei campi giuridici di maggiore sviluppo storico, ovvero quelli del diritto privato e del diritto romano. Il tecnicismo del diritto privato e la sua dogmatica avrebbero costituito nel breve un binario sicuro per la costruzione dei paradigmi della materia (si pensi ai contributi fondamentali di Cammeo e Ranelletti), ma si sarebbe anche rivelata nel lungo periodo la causa principale dello scollamento tra teoria e pratica, tra dogma e realtà.

Altro fattore importante è quello della dinamicità del diritto: il diritto è azione e, quindi, è l’attività che è oggetto principale dell’analisi del giurista, essendo i profili organizzativi e strumentali accessori allo studio dell’attività. È tramite l’attività che lo Stato persegue i propri obiettivi e, pertanto, soddisfa gli interessi della collettività: vi è, dunque, uno stretto rapporto tra mezzi e fini che funge da bussola e, al contempo, da limite per l’agire statale.

Il terzo elemento tipizzante è che il diritto amministrativo intanto esiste in quanto è identificabile con lo Stato e, pertanto, è volto alla verifica del perseguimento delle finalità statali: il diritto amministrativo nasce con lo Stato e si identifica con esso.

Sistema, principi, azione, Stato: sono queste le parole chiave che consentono di percepire nozione e confini del diritto amministrativo per Vittorio Emanuele Orlando.

2.2. Sotto il profilo dei confini e, quindi, dei rapporti tra il diritto amministrativo e le altre scienze, importante è il ragionamento che Orlando compie circa la relazione tra il diritto amministrativo e la scienza dell’amministrazione.

Anche per ciò che riguarda il rapporto tra diritto e scienza dell’amministrazione, l’autore prende le mosse dalla confutazione delle maggiori teorie dell’epoca, elaborate da alcuni tra i più noti preorlandiani (Scolari, Bonasi, Meucci). In particolare, si contesta la tesi, allora dominante, di Ferraris, che, ad avviso di Orlando, aveva recepito in modo non corretto la costruzione di Stein.

Il giurista palermitano conclude nel senso che «Spetta al diritto amministrativo tutta l’attività giuridica dello Stato (meno la giurisdizione civile e penale), comprendendovi l’organizzazione dell’amministrazione e la teoria dei mezzi generali di cui l’amministrazione dispone. Quanto all’ingerenza sociale, bisogna distinguere: tutto ciò che costituisce il contenuto economico o sociale dell’amministrazione, che resterà quindi una scienza eminentemente sociale e non giuridica. Ma in quanto l’ingerenza sociale assume poi, sia pure derivatamente, forme giuridiche, è naturale ed è conforme ad una buona logica sistematica che essa rientri nel campo di una scienza giuridica la quale non esser che il diritto amministrativo». [1]

2.3. Il contributo di Orlando al diritto amministrativo è di aver riempito di sostanza e di contenuti il diritto amministrativo, sia sotto il profilo qualitativo (il diritto amministrativo è studio dei principi non esegesi e la missione del giurista è alto compito sacerdotale di individuazione e applicazione dei principi) sia sotto quello quantitativo (l’azione amministrativa è pienamente dentro il diritto amministrativo e così anche taluni fenomeni sociali di impatto giuridico); aver evidenziato e valorizzato la giuridicità dell’azione e dell’organizzazione amministrativa, distinguendo i profili giuridici da quelli più propriamente politico-sociali. E, tuttavia, chiarendo che una buona parte di quei riflessi sociali derivanti dall’agire amministrativo erano ben dentro i confini del diritto amministrativo. Si tratta di un messaggio che si è andato ben presto perdendo presso la scuola italiana di diritto pubblico, assieme all’altro dello stretto rapporto tra teoria e pratica. Cosicché si è poi sviluppata una scienza del diritto amministrativo affetta da presbiopia, dal momento che ha elaborato soltanto alcuni dei contenuti del metodo orlandiani, quelli più propriamente giuridico-formali, mentre ha praticamente eliso gli altri contenuti, più aperti ai riflessi sociali e ai profili realistici, che sono andati per lo più perduti (tranne sparute eccezioni).

Insomma, per Orlando è il giurista il deus ex machina dello Stato amministrativo di fine Ottocento e di primo Novecento, non lo scienziato politico né l’economista. È il giurista che, per il tramite dei principi del diritto, ha l’alto compito di indirizzare e guidare la macchina istituzionale e amministrativa dello Stato. Il metodo orlandiano è volto a rafforzare l’unità dello Stato sotto la guida della classe giuridica.

3. Le partizioni del diritto amministrativo

Altro contributo importante di Orlando al diritto amministrativo riguarda l’articolazione dei contenuti della materia.

Sotto questo profilo occorre dire che il giurista palermitano funse da apripista, mentre il vero e proprio punto di riferimento fu rappresentato, per lungo tempo, dai Principi del 1901 elaborati dall’allievo Santi Romano, con cui si diede un assetto allo studio della materia che, tutto sommato, ha retto per quasi tutto il corso del Novecento.

Il tentativo orlandiano è di dare un impianto propriamente giuspubblicistico al diritto amministrativo, con il rifiuto, dunque, sia dell’approccio eclettico sia di quello strettamente esegetico, in applicazione dei criteri tecnici. Il risultato fu nuovo e prodigioso per l’epoca. L’opera è articolata in otto libri, ma è sostanzialmente riconducibile a quattro parti: la prima riguarda La scienza ed è volta ad indicare nozioni e confini della materia; la seconda concerne l’Organizzazionedell’amministrazione e comprende un’analisi capillare dell’amministrazione centrale, locale e del personale (è la parte più lunga dell’opera, dal momento che copre tre libri, dalla pag. 46 alla pag. 228, pari alla metà del volume); la terza riguarda L’attività dell’amministrazione ed è suddivisa in due libri, sull’attività giuridica e sociale; la quarta ha ad oggetto la tutela nei riguardi dell’amministrazione ed è ripartita in tutela giurisdizionale e responsabilità dell’amministrazione.

Al di là della importante novità costituita dall’approccio prettamente giuridico, l’opera era ancora molto carente su più fronti rispetto all’idea novecentesca di un manuale di diritto amministrativo, risultando la struttura e il grado di approfondimento della materia risultano insufficienti e incompleti.

La differenza enorme di impostazione si avverte in modo accentuato soprattutto con il paragone tra la prima edizione del manuale di Orlando e la prima edizione dei Principi di diritto amministrativo italiano di Santi Romano, pubblicati a dieci anni di distanza, nel 1901 [2]. Come ricorda Giannini, questi ultimi «formarono il più notevole tentativo della nostra scienza a costruirsi una problematica propria» [3]  e costituirono volume simbolo della tendenza “dogmatica” che vedrà proprio in Romano il suo maggiore esponente. Innegabili erano, nei Principi, la potenza e la rotondità del disegno: con acutezza e lucidità erano coperti tutti i territori allora conosciuti del diritto amministrativo.

Grazie ai Principi di Romano il diritto amministrativo italiano e la sua scienza compirono un consistente passo in avanti, più ampio rispetto a quello fatto con i Principii di Orlando: ma certamente questa prima opera funse da apripista.

4. La necessità dello spartiacque orlandiano

Il contributo di Orlando al diritto amministrativo non può essere guardato con gli occhi dell’oggi, ma richiede di essere contestualizzato e situato storicamente.

Con lo sguardo contemporaneo, non si può ignorare quanto accaduto nel corso della seconda metà del Novecento e nella prima parte del nuovo secolo: se ne potrebbe desumere, come è stato fatto, che l’eredità orlandiana vada definitivamente messa da parte.

Sarebbe un errore, peraltro, non contestualizzare storicamente l’apporto di Orlando: se è vero che il suo “sistema” mostrò presto il fiato corto, non può negarsi che, in quel frangente, si trattò di un contributo necessario per l’evoluzione della scienza del diritto amministrativo italiano.

Orlando fu per il diritto amministrativo uno spartiacque. La titanica operazione culturale posta in essere fu essenzialmente operazione di riduzione dei confini di studio del diritto amministrativo. Sino ad allora la materia era «un labirinto o un ginepraio inestricabile» [4]. Orlando stornò e ripulì il diritto amministrativo dalle sovrastrutture dell’economia, della sociologia, della filosofia, della scienza dell’amministrazione, consentendo alla scuola italiana di diritto pubblico di compiere un’opera di ricognizione della residua area di studi.

Prima di Orlando il diritto amministrativo non aveva ancora acquisito lo status di scienza autonoma. Allo stesso era attribuita «natura di un semplice “diritto civile nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione”, per usare l’espressione sotto la quale era emersa (…) all’inizio dell’Ottocento la stessa categoria disciplinare» [5]. È con Orlando che esso assurge a rilievo autonomo e diviene parte del diritto pubblico assieme al diritto costituzionale o, meglio, viene ad essere coordinato in sistema quale parte della costruzione unitaria del diritto pubblico generale.

Il metodo orlandiano permise di realizzare pienamente il progetto politico che si proponeva: un fine di politica sociale, di preservazione dell’unità dello Stato e del ruolo dirigente dell’alta borghesia; un fine di politica del diritto, di affermazione di autonomia di un nuovo settore di studi giuridici, per il tramite di un processo puristico di riduzione dei confini che consentisse la percezione e lo studio dei caratteri di specialità. Le teorie di Orlando, dunque, in quello specifico momento storico, diedero un impulso necessario e costituirono strumento politico di realizzazione di uno specifico progetto di unità nazionale.

Il periodo di fine Ottocento e di primo Novecento, come è noto, è stato caratterizzato, da un lato, da forti spinte centrifughe, per cui vi fu l’esigenza di garantire, attorno allo Stato-persona, una reale unità dello Stato; dall’altro, a seguito della tardiva rivoluzione industriale che investì la penisola, da consistenti moti sociali, per cui una parte della élite culturale più legata alla borghesia agraria provò a fungere da frangiflutti, a difesa dell’impianto liberale, rispetto alle spinte diversamente disgreganti che contrapponevano la rampante imprenditoria industriale alle organizzazioni proletarie rivendicanti l’eguaglianza sociale.

La prima guerra mondiale avrebbe travolto definitivamente lo Stato liberale: ed è uno scherzo della storia la circostanza per la quale proprio due studiosi del diritto pubblico, Salandra e Orlando, si siano trovati a gestire l’evento che avrebbe fatto crollare l’assetto da loro stessi edificato. Ma in quel quarto di secolo fu rinsaldata l’identità culturale del Paese e lo Stato amministrativo rinsaldò l’unità dell’ordinamento: a Orlando è certamente ascrivibile almeno una parte del merito per l’ottenimento di questi due fondamentali risultati.
Aldo Sandulli
Università degli Studi Suor Orsola Benincasa Napoli
[1] V.E. Orlando, Principi di diritto amministrativo, 2 ed., Palermo, 1892, 41.
[2] S. Romano, Principi di diritto amministrativo italiano, Milano, 1901.
[3] M.S. Giannini, Profili storici della scienza del diritto amministrativo, in Studi sassaresi, 1940, anche in Quaderni fiorentini, 1973 (e anche in Idem, Scritti, vol. II, Milano, 2002), 160.
[4] O. Ranelletti, Recensione a Santi Romano, Principi di diritto amministrativo italiano, 1901, in Riv. it. sc. giur., 1902, 98 (anche in Idem, Scritti giuridici scelti, vol. I, Napoli, 1992, 239).
[5] L. Mannori, B. Sordi, Storia del diritto amministrativo, Roma-Bari, 2001, 350.