Lo Stato, XX volumi per il X genetliaco

La Città Medicea celebra il Ducato degli Este
Giuseppe Morbidelli, Emerito dell'Università degli Studi di Roma - La Sapienza

La Città Medicea celebra il Ducato degli Este

Vi ringrazio di essere qui con noi in questa serata, che non intende essere troppo impegnativa, ma che comunque riguarda temi di grande spessore. Vi confesso una cosa: avevo preparato un appunto, ma – come sovente mi avviene – me ne sono dimenticato. E forse è meglio così perché sarò più breve. Le domande cui rispondere, e che sicuramente vi siete posti a vostra volta, sono le seguenti: perché a Firenze si celebra una rivista del Ducato di Modena? E perché se ne celebra il decennale? Il quale è sì una ricorrenza importante, ma che solitamente non integra quel livello di anzianità per cui normalmente si organizzano celebrazioni.

La scelta di Firenze deriva da più ragioni. Ovviamente anzitutto ci sono, come sempre, le ragioni personali dei miei rapporti storici, ben più che decennali, con il professor Vignudelli: reciproche collaborazioni, direi anche ausili sotto vari aspetti soprattutto quando avevo un ruolo in una banca (le Riviste scientifiche hanno necessità continua di sostentamento!). E poi anche perché ci consideriamo un po’ parenti della Rivista e di tutto quello che la circonda: la Fondazione CESIFIN – come ha detto più volte da questo tavolo Paolo Grossi, è probabilmente l'unica istituzione non universitaria fiorentina che opera con continuità su tematiche giuridiche, economiche e sociali da moltissimi anni sotto il profilo dei seminari, delle ricerche, degli studi, delle pubblicazioni, dei personaggi che siedono e che hanno parlato da questi scranni. Talché essa è in primissima fila nell’agone culturale, come in primissima fila sono i Seminari Mutinensi e il sistema scientifico e culturale tutto che ruota attorno alla figura di Aljs Vignudelli.  

Sono anche stato molto lieto di aderire alla cortese proposta proveniente dal Ducato di Modena anche per ragioni squisitamente estetiche: tutti i volumi de Lo Stato, come pure le pubblicazioni dei Seminari Mutinensi, si caratterizzano infatti non solo per l'estremo spessore scientifico – essendo veri propri fari nella dottrina dello Stato, in quella dell’interpretazione e in molto altro ancora – ma anche per la cura, e direi l’acribia, che le caratterizza. E questo non può che ricordarmi la augusta tradizione dell’editoria fiorentina – quella di base, delle scuole medie e superiori, fino a quella universitaria –, che risale alla Vallecchi, alla Salani, alla Nuova Italia, alla Le Monnier, alla D’Anna: tutte peraltro ormai pressoché messe da un canto. E dal punto di vista delle riviste pensiamo solamente a Il Ponte o a Belfagor o alla Nuova Antologia. Sotto il profilo giuridico, poi, è inutile che ricordi la presenza forte, anche fortissima, sul panorama nazionale e internazionale dei Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno. Quindi c'è anche questa affinità elettiva o comunque di comune attenzione per l'editoria tra le nostre reciproche istituzioni.

Perché dieci anni? Non solo perché è un numero rotondo (anche se, come ho detto, di solito non sufficiente a dar corso a celebrazioni), ma perché dietro a questa rivista c'è un grandissimo impegno, confluito in una serie di importanti contributi che dimostrano un’intensità scientifica che va ben oltre la sua durata decennale. A scorrere anche solo l'ultimo numero, oltre a chiedersi come si può trovare il tempo per leggerlo tutto, ci si rende conto che gli argomenti trattati sono di estremo interesse sotto il profilo sia dell'oggetto sia della qualità dello studio. È qualcosa che colpisce. Non sto a elencarli, anche perché credo che il volume sia stato inviato a tutti i presenti, ma anche i precedenti numeri hanno questa caratteristica. E allora mi domando: come fa Aljs a convincere gli autori? Perché come sapete i professori universitari magari si riesce ad invitarli ai convegni, anche se ormai c'è sempre più spesso una sovrapposizione di date, ma molto più difficile e periglioso è convincerli poi a scrivere ciò che hanno opinato, diciamo così, in via orale. Questo già di per sé basterebbe a rendere omaggio alla rivista Lo Stato.

Tutto ciò, tra l’altro, in tempi in cui le imprese giuridiche vivono una vita grama: molte chiudono, c'è una grande diffusione di riviste online, che certamente sono di più immediata utilità se uno vuol sapere qualcosa sulla servitù di stillicidio o sui contratti di trasporto. Una rivista come Lo Stato copre tutta un'altra area, concettualmente e culturalmente preliminare, che dovrebbe tuttavia essere tenuta in gran conto dai giovani che si accostano alla ricerca e che dovrebbero abbeverarsi nella teoria generale e solamente dopo impiegare gli strumenti informatici che ogni giorno la tecnologia ci dà per le esigenze della pratica. Io non conosco esattamente quale sia il livello di diffusione de Lo Stato, questo ce lo dirà poi, se avrà piacere, il suo Direttore. Certamente quello che è indubbio è che molti di questi saggi andrebbero letti non solo dagli studenti, ma da tanti altri che non sono studenti da molto tempo, senza che però sia venuta meno anche per loro la necessità di riandare nei percorsi culturali che stanno dietro la dottrina giuridica e la teoria generale, la teoria dell'interpretazione.

Ma la “prova provata” del fatto che i dieci anni siano un tempo idoneo per dare luogo a questa illustrazione celebrativa è dimostrato dai relatori. Non sta a me qui elencarli, però ciascuno di essi è veramente non solo tra i giuristi più noti, ma anche tra i più affermati e maggiormente impegnati, la cui presenza è, secondo me, la migliore cartina di tornasole dell'eccellenza della rivista che stiamo qui a presentare.
Giuseppe Morbidelli
Presidente della Fondazione Cesifin